Come un cerchio che si chiude. Edoardo Costa, oggi, si ritrova a fare l’assistente dello stesso allenatore che per tre anni lo ha guidato dentro il mondo virtussino da giocatore. Storia da raccontare, non è vero?
“Proprio così. Questa è la mia seconda stagione nello staff del settore giovanile di Virtus Unipol Banca, e il gruppo che seguo è lo stesso dello scorso anno, diventato Under 14. Quando Federico Vecchi, responsabile del settore, prima che iniziasse l’annata mi ha detto mi ha detto che ci sarebbe stato un cambiamento, e che a guidarlo sarebbe arrivato Cristian Fedrigo, ho pensato proprio questo, che la storia fa strani giri. E non nascondo che per me è stata un’emozione forte”.
Il legame con Fedrigo è davvero importante.
“Prima di tutto, dico grazie a Davide D’Atri, che è stato quello che mi ha aiutato ad inserirmi in questo ambiente. Con lui ho lavorato benissimo. Stare accanto a Cristian, oggi, è qualcosa di speciale: per tre anni mi ha insegnato tanto, non solo ad essere un giocatore ma anche come si deve crescere qui dentro. Ora posso vedere come svolge il suo mestiere stando dalla stessa parte, e tante cose che prima non mi erano chiare diventano evidenti. Capisco soprattutto cosa hanno da insegnare i bravi allenatori come lui, e imparo ogni giorno tantissimo”.
Cosa ha aggiunto, di suo, Edoardo Costa?
“Credo di poter svolgere una funzione di collegamento tra Cristian e Francesco Nieddu e i giovani, un po’ per una questione anagrafica, un po’ perché dello staff sono l’unico rimasto rispetto all’anno scorso e questo gruppo, che ha aggiunto un solo elemento, lo conosco bene. Devo dire che è un compito che i ragazzi stessi rendono facile: sono tutti sani, educati, aiutarli in questo percorso diventa più semplice. Del resto, partivo avvantaggiato: sapevo già come Cristian vuole che i suoi giocatori si comportino, dentro e fuori dal campo. E’ una gran bella sfida, cercare di essere all’altezza di allenatori come Fedrigo e Nieddu. Ma è anche una grande occasione che non voglio perdere”.
Un gruppo sano, insomma. Come sta crescendo in questa stagione?
“Dal mio punto di vista, stanno davvero migliorando tutti. Ognuno, secondo le proprie possibilità, porta qualcosa alla causa. Ora ci stiamo preparando alla fase ad eliminazione diretta che porta al titolo regionale, tra due settimane inizieranno gli ottavi. La finale sarà una gara secca, e chi vince accede alle Finali Nazionali. Ecco, io con Fedrigo le ho vissute già una volta da giocatore, sarebbe un grande sogno realizzato arrivarci anche in questa veste”.
Non è ancora il caso di parlare di possibilità o traguardi da raggiungere?
“Quello che posso dire è che noi siamo dove volevamo essere con questo gruppo in questo preciso momento. Soddisfatti dell’atteggiamento con cui i ragazzi vengono in palestra”.
Un anno fa, di questi tempi, pensavi al tuo futuro dopo il liceo. Psicologia o Scienze Motorie, dicesti. Hai seguito quella strada?
“Non esattamente. Finito il Galvani, ho deciso di iscrivermi a Scienze Politiche. Era una delle opzioni. Mi piacerebbe, dopo la triennale, infilarmi sul sentiero di Scienze Internazionali e Diplomatiche, è l’indirizzo che sento più mio”.
Un futuro da allenatore riesci a focalizzarlo meglio, adesso?
“Più che sognarlo, cerco di darmi da fare. Non mi pongo obiettivi a breve termine, ma intanto ho terminato il primo corso per diventare Allievo Allenatore, e a luglio affronterò il secondo. Qui alla Virtus mi trovo benissimo, aver potuto iniziare questo percorso dalla Porelli è un privilegio e un onore, voglio esserne all’altezza. Oggi come oggi, devo crescere accanto a persone capaci. Sì, se me lo chiedi oggi ti rispondo che voglio diventare un allenatore, anche se so che non è un mestiere facile. Mi piace quello che sto facendo, voglio continuare senza tralasciare lo studio, perché sarebbe da sciocchi non affrontarlo seriamente. Vedremo, la strada è ancora lunga”.
Intanto, continui ancora a scendere sul parquet…
“Beh, l’età è ancora giusta, no? Pensa che a Granarolo gioco sia in Serie D che nell’Under 20, perché ancora sono in quella categoria. Anche quello è un ambiente pulito, come piace a me. E devo ringraziarli, come ringrazio la Virtus: ogni tanto manco da una parte o dall’altra, del resto non mi posso sdoppiare, ma con me hanno tutti una grandissima pazienza”.
Essere ancora un giocatore aiuta il tuo mestiere di allenatore?
“Moltissimo. Quando alleno riesco a immedesimarmi, a entrare nella testa di ragazzi che in fondo hanno appena sei anni meno di me. Li sento affini, e questo credo serva per quella funzione di collante tra staff e giocatori che mi trovo in qualche modo ad avere nell’Under 14. Poi, diciamolo: andare ancora in campo è bello, divertente, finché posso farlo mi piace sentirmi ancora un giocatore”.