Quattro anni in casa Virtus non faranno entrare di diritto nella categoria “veterani”, ma certamente aiutano a capire molto bene l’ambiente e i progetti che lo animano. Ma di fatto Matteo Fini ha alle spalle una sola stagione dal momento in cui ha maturato la scelta professionale definitiva, quella di abbandonare la doppia veste di assistente tecnico e preparatore fisico del settore giovanile, per dedicarsi totalmente a quest’ultimo (ma per nulla ultimo, quanto a valore e dedizione) mestiere. Come si dice in questi casi, va dove ti porta il cuore. Ascoltando le sensazioni giuste.“Dopo il primo anno in cui ho affrontato il ruolo di preparatore, quest’anno mi sento più sicuro, ho avuto modo di fare esperienza e mi sento più pronto professionalmente. Aver portato avanti il lavoro insieme a Carlo Voltolini e Paolo Zonca è stato utile e formativo. Ci consideriamo uno staff, perché Carlo è il nostro responsabile ma ci lascia grande libertà d’azione, è sempre presente quando c’è bisogno di confrontarsi ma si fida di noi e ce lo fa sentire. Pur mantenendo una linea comune, riusciamo a portare avanti le nostre idee e credo che i risultati si vedano perché diversi ragazzi hanno avuto una buona crescita nella passata stagione e stanno proseguendo nel cammino di sviluppo. Siamo soddisfatti e coscienti del fatto che migliorarsi è sempre possibile”.
Una bella squadra, quella dei preparatori della Virtus. Così l’ha definita la settimana scorsa Paolo Zonca. In che cosa consiste, nella quotidianità, il vostro fare squadra?
“Con Carlo lavoro da tre anni, con Paolo ormai da due. Essere squadra significa condividere le esperienze di tutti i giorni, sapere che intorno ci sono persone che possono capire il tuo modo di pensare e lavorare, che possono consigliarti quando è il momento. Sai che non devi essere tu l’unico a decidere, ma che dalla collaborazione con persone di esperienza puoi uscire arricchito nelle tue idee e nei tuoi progetti. Né io né Paolo abbiamo l’esperienza di uno come Carlo, lui è un punto di riferimento importante e sa come fare gruppo”.
Ogni gruppo che segui direttamente ha un capo allenatore con cui fare quotidianamente i conti. Anche in questo caso si creano legami forti.
“Mattia Largo, con cui collaboro nell’Under 15, è la prima persona che ho conosciuto quando sono venuto in Virtus. Con lui ho un buonissimo rapporto, mi lascia molta indipendenza per quanto riguarda il lavoro fisico, e quest’anno con la crescita dei ragazzi ci relazioniamo ancora più strettamente. Abbiamo anche un bel rapporto di amicizia, che mi fa stare bene quando lavoro con lui. Quest’anno collaboro anche con Federico Vecchi, per quanto riguarda l’Under 20. Mi occupo principalmente del lavoro fisico dei ragazzi che non frequentano stabilmente la prima squadra, e che hanno il doppio tesseramento con la Pontevecchio. Anche in questo caso il confronto con Voltolini è fondamentale, perché comunque sono atleti che lavorano in palestra anche con giocatori di A2, con quello che ne deriva. Con un gruppo di ragazzi più avanti nell’età c’è maggior impegno anche in sala pesi, cosa che mi dà molta soddisfazione. Ancora, collaboro per il primo anno con Riccardo Pezzoli ed i suoi Under 13; con questi ragazzi cerco di curare soprattutto lo sviluppo della rapidità, importantissimo in quella fascia di età. Anche Ricky è estremamente propositivo, insieme cerchiamo di inserire progetti di lavoro per giovani che non devono ancora mettere da parte il lato “giocoso” di questo sport. Infine, ci sono gli Esordienti di Davide D’Atri: ragazzi ai primi passi di un cammino che potrebbe portarli lontano, se sapranno seguirne con attenzione e convinzione le indicazioni. Anche in questo caso, ovviamente, un tipo di programmazione differente da tutti gli altri”.
Dai tredicenni ai quasi ventenni. Immaginiamo approcci diversi, quasi si dovesse chiudere una scatola di conoscenze per aprirne un’altra, passando da una categoria all’altra.
“Molto spesso bisogna essere agili mentalmente, riuscire ad uscire da un contesto per entrare in un altro, perché gli obiettivi di una fascia di età cambiano rispetto a quelli di un’altra. Quest’anno più che mai spazio su tutto quello che è la mia conoscenza della preparazione fisica, e questo è davvero formativo. Negli ultimi anni ho seguito soprattutto gruppi più adulti, ora mi sono ritrovato anche con ragazzi molto giovani e ho dovuto riprendere a ragionare in un’ottica che non rispolveravo da tempo. E’ importante ogni tanto ritornare alle basi e ripartire, per riscoprire anche cose che facevo un tempo provando a migliorarle”.
Lo scopo di un settore giovanile, lo sappiamo, è dare ai giovani un indirizzo, non semplicemente sportivo ma anche etico e morale. E naturalmente portare qualcuno di loro fino ai piani alti del basket. Tra i gruppi con cui lavori nel settore giovanile, vedi del talento in divenire?
“Ne vedo. Sono molto convinto che nei prossimi anni alcuni ragazzi, se continueranno ad impegnarsi e avranno il supporto delle famiglie, potranno fare il percorso che hanno fatto quest’anno quattro dei nostri giovani, che sono approdati alla prima squadra”.
Quando succede, cosa resta a chi li ha portati per mano fino a quei livelli?
“Sono emozioni contrastanti. Io ho seguito per tre anni il gruppo del 2000, li rivedo ora che sono diventati Under 18 e se ripenso a come erano alcuni di loro quando hanno iniziato il loro percorso in Virtus, li vedo davvero diversi. Naturalmente si creano anche rapporti che, pur rimanendo sempre nell’ambito professionale, mai di completa amicizia, si basano sul rispetto reciproco. Quando qualcuno arriva alla fine e viene a dirti grazie per qualcosa che hai fatto per sostenerlo, è appagante”.
Un anno in più a casa Virtus. Cosa significa, a conti fatti?
“E’ un arricchimento. La cosa che ho notato maggiormente è stata la voglia di ripartire. Tutti, anche nel settore giovanile, abbiamo sentito intensamente quello che è accaduto nella stagione scorsa alla prima squadra, e quest’anno si percepisce questa voglia di riprendere la strada, con forza e tenacia. E’ un ambiente che secondo me è uscito rafforzato dalla tempesta. Senza dimenticare che come struttura, organizzazione e competenze resta un’elite a livello nazionale. Per quanto ne so, non sono tanti i settori giovanili che assicurano al ragazzo una vicinanza così grande come la nostra. A volte sia i ragazzi che i genitori se lo dimenticano, ma basta dare un’occhiata fuori per capire che viviamo in una condizione privilegiata. Per questo ogni giorno bisogna venire alla Porelli con questa consapevolezza: siamo in un posto bellissimo, facciamo quello che amiamo nelle migliori condizioni possibili”.