E’ tornato da Barcellona portando con sé il ricordo di un’esperienza unica. Matteo Nicoli, classe 2001, è uno dei quaranta giovani talenti che sono stati invitati a Barcellona nell’ultimo fine settimana per mettersi in mostra al Jordan Brand Classic, rassegna europea in cui era uno dei due soli italiani presenti, insieme ad Edoardo Buffo del Pms Moncalieri. Matteo, guardia della formazione Under 16 di Virtus Unipol Banca, guidata da Giordano Consolini, ma quest’anno impegnato anche con l’Under 18 di Federico Vecchi, si gode il momento sapendo che è solo un gradino lungo la strada, seppure alto e fantastico.“E’ stata un’esperienza incredibile. Il fatto di essere stato chiamato tra questi quaranta giocatori mi riempie d’orgoglio e di motivazioni. Sono state giornate fantastiche, di quelle in cui ti sembra che il tempo passi troppo in fretta”.
In campo, a seguirvi e darvi consigli, c’era un certo Ray Allen. In numeri: due anelli, dieci All Star Game da protagonista, 1300 partite giocate in Nba.
“Lui è il mio idolo da sempre. Già vederlo da vicino è stata un’emozione. Parlarci, poi… Ci ha dato consigli, abbiamo lavorato con lui sui fondamentali, sul tiro, e devo dire che è veramente bravo. Ha davanti a sé una carriera da allenatore, poco ma sicuro”.
Cosa significa, per un ragazzo di sedici anni, essere in campo al Jordan Brand Classic?
“Al di là dell’emozione, e del piacere di giocare davanti a un’icona della pallacanestro, credo che manifestazioni come questa siano occasioni da prendere al volo. Esprimi il tuo basket davanti ad allenatori e addetti ai lavori, ti metti in mostra. Cerchi di fare tutto per il meglio, anche se all’inizio scrollarti di dosso certe sensazioni non è semplice”.
Serve un po’ di tempo per dimenticare il contesto e pensare che in fondo è sempre basket?
“Esatto. All’inizio ero un po’ bloccato, anche perché pensavo che in fondo dall’Italia eravamo arrivati lì soltanto in due, Edoardo e il sottoscritto. Ma dopo un po’ la timidezza è passata, ho cercato di giocare a pallacanestro come faccio di solito, come ho imparato a fare qui, alla Porelli”.
Dove sei tornato con qualche certezza in più. Arricchito dentro, possiamo dire così?
“Certamente la voglia di fare e di crescere, dopo un’esperienza come questa, sono raddoppiate. Ho visto tante cose in cui devo migliorare, nella tecnica di tiro, nel palleggio. Ho tanta strada da percorrere ma allo stesso tempo gli stimoli, dopo una convocazione come questa, sono enormi. E so che tutto è iniziato qui, dentro a queste mura, dove ho imparato quello che so e dove continuerò ad apprendere da persone che la pallacanestro la conoscono come pochi”.
Quindi, è il momento di aprire il capitolo dei ringraziamenti…
“Devo tanto di quello che sono a chi mi ha aiutato a crescere in casa Virtus. Quando sono arrivato qui avevo appena finito la mia stagione da Esordiente, ho imparato cosa significa essere parte di questa società, e mi inorgoglisce indossare questa maglia. Certo, ringrazio i miei allenatori e i miei compagni, perché senza di loro non solo non avrei avuto possibilità come questa, ma non sarei la persona che sono oggi”.
Barcellona è una città splendida. Sei riuscito a guardarti intorno, in questo weekend?
“Poco davvero. Ho fatto una puntata al Camp Nou, che è praticamente un monumento non solo per chi ama il calcio, ma per chiunque ami lo sport. Per il resto, ho visto solo campi da pallacanestro. Vorrà dire che dovrò tornarci…”