Dopo Lorenzo Deri e Matteo Nicoli, tocca agli altri quattro giovani moschettieri della V nera raccontare le sensazioni provate a Roseto, dove sono stati convocati dal Settore Squadre Nazionali per il Centro Alta Specializzazione, riservato ai nati nel 2001 e 2002, dal 28 ottobre all’1 novembre. Un’esperienza che dà entusiasmo e rappresenta una base solida per costruire il futuro, per Arcangelo Guastamacchia, Manuele Solaroli, Nicolò Nobili e Samuel Orsi. A tutti loro abbiamo rivolto le medesime domande, cercando di farci raccontare una passione che si colora anche d’azzurro. Come Deri e Nicoli, ci hanno trasmesso il loro giustificatissimo orgoglio.
Avere sul petto la scritta “Italia” è un’emozione non comune. Difficile forse anche da raccontare…
GUASTAMACCHIA: “E’ un sogno che si è realizzato. Quella di Roseto è stata la seconda convocazione, dopo Pescara, e confrontarmi con coetanei ad alto livello, trovare istruttori che non conoscevo e avevano tanto da trasmettermi, è stata una bella esperienza. Ti metti una canotta con scritto Italia e pensi che in qualche modo ce l’hai fatta, anche se sai bene che si tratta soltanto di un primo passo”.
NOBILI: “Un’emozione pura e totale. In qualche modo ho sentito di rappresentare il mio Paese, pur in un contesto giovanile. Devo impegnarmi per restare a questi livelli e avere altre occasioni, me lo sono ripromesso”.
ORSI: “E’ totalmente diversa da quella che puoi provare con qualsiasi altra maglietta. Non la scordo facilmente, perché in quei cinque giorni ho lavorato ad altissimo livello, con tecnici preparati e un grande gruppo. Certo non è una cosa per tutti, e noi lo sappiamo. Per questo continueremo ad allenarci sempre di più”.
SOLAROLI: “La maglia della Nazionale è qualcosa di unico, essere convocato è stata una grande emozione. Difficilmente me la dimenticherò, qualunque sia il mio futuro come giocatore di basket”.
Una chiamata in azzurro è uno stimolo enorme, per chi ha scelto una strada fatta di passione per la pallacanestro e sacrifici per esprimerla al meglio.
GUASTAMACCHIA: “Sapere che ti considerano, che ti tengono sotto osservazione, è davvero un bellissimo stimolo. Ti dà la forza ti tornare subito in palestra per cercare di migliorare, giorno dopo giorno”.
NOBILI: “E’ una grande spinta per cercare quotidianamente di fare meglio, ho capito che posso stare in quel gruppo come posso esserne fuori. Dipende da me, dalla mia volontà e dalla mia voglia di continuare su questo percorso. Devo mettercela tutta, e una chiamata in azzurro ti insegna anche questo”.
ORSI: “Tanti ragazzi avrebbero voluto partecipare a questo raduno, invece eravamo solo in diciotto. Questo ci fa pensare che da chi ci ha chiamati siamo considerati ragazzi che possono dare qualcosa in più, rispetto ad altri. Ora però tocca a noi: dobbiamo lavorare per confermare queste sensazioni, farlo con dedizione e sempre maggiore convinzione”.
SOLAROLI: “Gli allenatori a Roseto ci hanno detto chiaramente che le porte della Nazionale sono aperte a tutti, e nello stesso tempo possono chiudersi a chiunque. Bisogna impegnarsi tutti i giorni per trovare spazio, e se uno considera una convocazione come un punto d’arrivo ha completamente sbagliato approccio”.
Sotto quei colori azzurri ci sono il bianco e il nero della Virtus. Quanto conta seguire il proprio percorso in un ambiente come questo?
GUASTAMACCHIA: “Sono arrivato alla Virtus l’anno scorso, e credo che il fatto di essere qui mi abbia fatto migliorare tantissimo. Sono arrivati i primi raduni regionali, poi queste due chiamate che, come dicevo, mi hanno permesso di sognare ad occhi aperti. Sicuro, c’è molto bianconero dietro questo azzurro…”
SOLAROLI: “Essere partito da qui conta al cento per cento. Se non fossi stato qui non avrei avuto la stessa visibilità. Crescendo nel mondo Virtus si può migliorare ancora, e anche più in fretta rispetto ad altre realtà, secondo me. Sono fortunato a poter affrontare il mio percorso nella pallacanestro partendo da un posto sicuro come la palestra Porelli”.
NOBILI: “C’è tanta Virtus, sotto la maglia azzurra. Io sono arrivato qui che avevo appena iniziato il vero settore giovanile, e ho migliorato molto di più in questo ambiente che nei primi tempi in cui mi sono innamorato del basket e ho iniziato con costanza a praticarlo. Ho trovato persone preparate, una professionalità unica. C’è molto di questi insegnamenti in quello che ho ottenuto”.
ORSI: “Devo ringraziare anche chi mi ha permesso di affacciarmi al mondo della Virtus, a chi mi ha guidato verso via dell’Arcoveggio. Certamente arrivare qui è stato un passo veramente grande: io sono arrivato anni fa da Anzola, e ho trovato allenatori molto bravi, ragazzi che ci mettono il cuore come noi e hanno la nostra stessa passione. Certo la canotta della Virtus non è facile da indossare, richiede tanto impegno, sacrificio quotidiano. Noi siamo in frequenza, c’è chi viene in palestra anche un’ora prima per fare attività fisica. Ci impegniamo e ci sentiamo ripagati da momenti come quello di Roseto”.