Fa un certo effetto parlare di “ritorno”, soprattutto se la parola serve a introdurre un tecnico come Cristian Fedrigo, che ha iniziato la nona stagione in casa Virtus. Ma di fatto è così, almeno per quanto riguarda il settore giovanile di Virtus Unipol Banca, dove Cristian aveva lasciato gli Under 14 a festeggiare un titolo italiano di categoria e oggi li riprende per mano dopo una stagione vissuta unicamente da assistant coach in prima squadra.
“Il motivo è semplice, ero uscito dal settore per esigenze societarie che prevedevano un maggiore impegno legato alla prima squadra. Sono ben contento di essere tornato, naturalmente, perché dedicarmi ai giovani in palestra mi viene naturale, lo faccio da sempre e fa parte della mia cultura: sono cresciuto in un ambiente dove far crescere i giovani era garanzia di futuro”.
Ripartire dall’Under 14 sembra un segno del destino. Con questa categoria aveva chiuso la stagione 2014-2015, regalando alla Virtus il ventunesimo tricolore giovanile da mettere in bacheca.
“Prima d tutto, ringrazio di cuore chi mi ha dato la possibilità di rinsaldare questo legame con il settore. Al di là delle questioni tecniche, ho avuto la fortuna di trovare giocatori reclutati e allenati con grande attenzione, e questo è un merito da ascrivere a Davide D’Atri, che li ha portati fin qui. Ci tengo a evidenziare questo aspetto, perché sono convinto che uno dei compiti più importanti per noi tecnici delle giovanili sia quello di occuparci di reclutamento. E’ vero, riprendo da dove avevo finito, e ne sono entusiasta: in questi anni in Virtus ho sempre avuto la possibilità di programmare il mio lavoro sia in termini di reclutamento sia in termini tecnici, perché ho sempre iniziato con un gruppo Under 13 o addirittura Esordienti per portarlo avanti nel percorso di formazione. E’ una cosa che mi piace fare e qui ho avuto la possibilità di farlo al meglio, sentendo intorno la fiducia della società”.
Under 14, ovvero una specie di “età di mezzo” in cui la passione per il gioco inizia a mescolarsi con una visione più precisa di progetti e aspettative legati al percorso sportivo. Una fase delicata, per chi la vive e anche per chi la indirizza.
“Penso che si debba evitare di dare giudizi e valutazioni troppo precoci, a proposito del futuro o della futuribilità di ogni singolo giocatore di questa età. L’esperienza mi insegna che molto spesso identificare un ragazzo e dargli aspettative in base a ciò che noi immaginiamo di lui, può risultare eccessivo. La riprova è che ci sono giocatori che un allenatore magari non considerava positivamente, e che invece il tempo ha rivelato più interessanti di altri. E’ un’età di fronte alla quale devi stare attento a come ti poni, e anche a quello che ti aspetti”.
Senza parlare di obiettivi e traguardi, perché sarebbe prematuro e sbagliato, che gruppo si è ritrovato tra le mani?
“Lo trovo soprattutto bene educato, nel senso tecnico e in quello delle “buone abitudini”, che sono fondamentali. Con queste premesse è stato più facile entrare a farne parte come capo allenatore ed essere accettato. Non è cosa di poco conto, anzi è la parte più significativa del lavoro di formazione, e come ho detto chi mi ha preceduto ha lavorato nel migliore dei modi”.
Lei sarà assistente in prima squadra, impegnata nella Serie A2 Citroen, e prima guida della formazione Under 14 di Unipol Banca. Piani diversi, ma realtà che si assomigliano nel momento in cui si ha l’impressione che il lavoro dell’allenatore-insegnante abbia un peso più significativo.
“Credo che la nostra Serie A2 debba essere una sorta di campionato di sviluppo. E questo aspetto è importante, perché mai come quest’anno i nostri giovani hanno la possibilità di trovare spazio in prima squadra, con responsabilità oltre che con minuti. Le similitudini? In entrambe le realtà si lavora sul miglioramento individuale dei giocatori, un obiettivo che quando si parla di prime squadre rischia a volte di andare perduto. Quando alleni degli Under 14, devi avere chiaro l’obiettivo della società, che è quello di avere tra tre-quattro anni, dal gruppo 2003, giocatori che possano far parte della prima squadra. Allo stesso tempo, la prima squadra deve dare spazio a giocatori giovani, per aiutarli a crescere. E quest’anno ha la possibilità di farlo”.
Questa è la nona stagione bianconera, per Cristian Fedrigo. Diamo un significato, in poche frasi, a una lunga e vissuta militanza.
“Ci sono cose, situazioni, emozioni che spesso non si possono descrivere a parole. Tanto più nel mio caso, visto che sono sempre stato uno che ne ha spese poche. Forse non riesco a fotografare con la giusta grandezza l’orgoglio, la soddisfazione di essere qui. Una cosa, però, posso dirla: spero di essere all’altezza di tutte le persone che qui dentro mi hanno preceduto, che prima di me e per molti anni hanno lavorato con passione per la Virtus. E una volta di più, ringrazio chi mi ha dato la possibilità di farne parte”.