C’è un’Italia che fa sognare, laggiù a Istanbul. Che ha conquistato con merito un posto tra le migliori otto squadre d’Europa, e che mercoledì alle 20.30 proverà ad andare oltre, ad allungarsi i sogni sfidando la Serbia di Sasha Djordjevic. Ci sono un pugno di uomini che strada facendo hanno imparato ad essere gruppo, sotto le cure attente di un maestro come Ettore Messina, e adesso vanno in campo come se non esistesse un domani, con addosso la sicurezza di chi sta dando più del massimo.
E c’è molta Virtus, tra le pieghe di EuroBasket 2017. A partire proprio dal timoniere, Ettore Messina, che nella casa della V nera ha lanciato una carriera impareggiabile che lo ha portato dall’altra parte dell’oceano, nel pianeta delle stelle Nba. In campo, nel gruppo, c’è Pietro Aradori, diventato virtussino l’estate scorsa e pronto a scrivere tra palestra Porelli e PalaDozza nuove, intense pagine della sua carriera tra i canestri.
E accanto a Ettore, il Comandante, c’è di nuovo Giordano Consolini. Come ai vecchi tempi, inseguendo i tempi nuovi. A lui, in questi giorni che portano verso i quarti di finale, non chiediamo bilanci in corso di svolgimento, ma piuttosto dell’incantesimo che tiene unita questa truppa azzurra in cerca di gloria.
“Se c’è un segreto, è proprio questo. Il gruppo, la squadra. Ne ho viste poche così unite, così dedite, con tutti i ragazzi che sentono di essere parte di un progetto, disposti a fare sacrifici per essere utili alla causa, per esprimersi al meglio delle loro possibilità”.
Non è stata una marcia di avvicinamento tranquilla, lo sappiamo.
“La preparazione è stata difficoltosa per mille motivi, ci è mancato qualcuno e qualcosa sia all’inizio che durante, ma il gruppo ha sempre reagito nella maniera migliore. In questo momento vedo una grande tranquillità, una serenità fatta di accettazione e riconoscimento dei ruoli, da parte di chi deve assumersi responsabilità e di chi deve spendersi di più per gli altri. Comunque vada a finire, sto vivendo proprio da questo punto di vista una bellissima esperienza”.
C’è una firma importante, in questo assemblaggio riuscito.
“Non devo certamente dirlo io, ma Ettore è stato bravissimo a mettere insieme questo gruppo, a pensarlo e ripensarlo ogni giorno. Intervenendo anche in corso d’opera, e non si è trattato di interventi semplici. Ha dato subito un’impronta, facendo capire a tutti che tipo di lavoro occorreva per mettere in campo una squadra seria. E questa è una squadra seria, posso garantirlo”.
Tornare a lavorare accanto a Messina è anche un’emozione. Anche se ti chiami Giordano Consolini, e ne hai viste tante nella pallacanestro.
“Non ci siamo mai persi di vista, Ettore ed io. Ma era parecchio che non lavoravamo insieme in questo ambito. Un anno fa mi ha chiamato, ed è stato un grande onore per me, così come essere ancora qui nell’ultimo atto di questo lavoro è un orgoglio quasi indicibile. Far parte della Nazionale è qualcosa che “fa tremare vene e polsi”, come diceva il poeta. E ritrovarmi con Ettore è stato all’inizio una piacevole sorpresa, perché ormai mi occupavo di altro ma lui ha voluto che lo accompagnassi in questa avventura. Ritrovarci è stato magnifico”.
In campo, con la maglia azzurra, c’è un virtussino nuovo di zecca: Pietro Aradori.
“Lo conosco davvero da poco, non spetta a me farne un ritratto dal punto di vista tecnico. Mi limito a dire che Pietro si è calato completamente nello spirito di questo gruppo, ne fa parte in modo perfetto. Ha capito e condiviso questa idea e questo modo di concepire la pallacanestro, che significa giocare insieme, battersi insieme e stare insieme anche oltre il parquet, per sentirsi uniti”.
Domani c’è la Serbia di Djordjevic. Il primo ostacolo verso un sogno da colorare, di cui non possiamo ancora raccontare la grandezza.
“In un torneo come questo, ogni giorno devi alzare l’asticella, per forza di cose. Finora abbiamo provato piacere in questa crescita, che ci ha anche caricati. Non possiamo certo dire dove arriveremo, ma di una cosa sono certo: questo gruppo darà sempre qualcosa in più di quello che può dare. Alla fine alzeremo la testa e vedremo dove siamo arrivati, se avremo fatto bene oppure no. Ma la certezza del nostro essere uniti ce la teniamo già stretta”.