Semplicemente ciao Sinisa, condoglianze alla Famiglia

Ecco il comunicato della famiglia: “La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Siniša Mihajlović. Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti. Coraggiosamente ha lottato contro una orribile malattia. Ringraziamo i medici e le infermiere che lo hanno seguito in questi anni, con amore e rispetto, in particolare la dottoressa Francesca Bonifazi, il dottor Antonio Curti, il Prof. Alessandro Rambaldi, e il Dott. Luca Marchetti. Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l’amore che ci ha regalato”

LE CONDOGLIANZE DEL MONDO SPORTIVO E NON SOLO

Oggi è un giorno molto triste per il mondo del calcio e dello sport: perde un grande uomo che anche negli ultimi mesi ci ha trasmesso la sua forza e la sua umanità – ha detto il Presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini -. Sinisa resterà sempre un esempio di grande combattente, capace di farsi amare dai propri tifosi e rispettare dagli avversari. La Lega Serie A si unisce tutta al dolore della famiglia”.

“L’amarezza è tanta in questo momento. Avevi stabilito con Bologna un legame forte, che andava ben oltre il rapporto sportivo, un legame sancito dal conferimento della cittadinanza onoraria. Una delle più importanti per il nostro Comune.
Si discusse molto è vero, ma la scelta arrivò per la profonda connessione emotiva che ci aveva unito a te, proprio a seguito della malattia. Un fatto personale, che hai voluto rendere pubblico ed affrontare con determinazione.
Insieme abbiamo gioito e sperato. Ci siamo presi in giro e guardati negli occhi con umanità in privato. Da Sindaco ho avuto l’onore di accoglierti e lo ricordo con affetto.
Oggi siamo tutti molto colpiti dalla notizia della tua prematura scomparsa.
Ci stringiamo forte alla famiglia. Esprimo pubblicamente il cordoglio commosso di Bologna.
A te Mister, rivolgiamo un pensiero di sincera gratitudine e amicizia per le tante cose condivise che resteranno per sempre nel cuore della nostra città.
Ciao Sinisa”.
il Sindaco di Bologna Matteo Lepore

Sinisa Mihajlovic ci ha lasciato oggi, all’età di 53 anni, dopo una lunga e commovente battaglia contro la leucemia. Il Bologna Fc 1909 piange l’allenatore che ha guidato i rossoblù fino allo scorso settembre.

Sinisa Mihajlovic era nato a Vukovar il 20 febbraio 1969 e proprio a Bologna aveva iniziato la sua carriera da allenatore nel 2008, dopo i successi da calciatore con le maglie di Stella Rossa, Roma, Sampdoria, Lazio e Inter. E sulla panchina del Bologna era tornato nel gennaio 2019, conducendo la squadra al decimo posto dopo un’incredibile rincorsa alla salvezza conclusa con 30 punti conquistati nelle 17 partite della sua gestione.

Ma proprio all’inizio della stagione successiva, il 13 luglio 2019, arriva la notizia che sconvolge il club, i tifosi e tutti gli appassionati di calcio: Mihajlovic comunica in una commossa conferenza stampa a Casteldebole di aver contratto una forma acuta di leucemia. Il ricovero in ospedale e le pesanti cure a cui è sottoposto non gli impediscono di continuare a svolgere il suo lavoro: il club conferma dal primo momento l’intenzione di proseguire con Mihajlovic, lui segue la squadra a distanza e comunica con i giocatori grazie alla tecnologia e alla mediazione costante del suo staff di collaboratori. Dopo 44 giorni di ricovero, il 25 agosto Mihajlovic lascia a sorpresa l’ospedale per sedersi in panchina allo stadio Bentegodi di Verona per la prima trasferta di campionato.

Per altre tre stagioni Mihajlovic continua a guidare i rossoblù, ma il 26 marzo scorso è costretto a comunicare la ricomparsa della malattia e il conseguente nuovo ricovero. A settembre la sofferta decisione da parte del club di sollevarlo dall’incarico: “La scelta più difficile”, dice Joey Saputo, “da quando sono presidente del Bologna”.

In questi mesi Sinisa ha continuato a lottare lontano dai riflettori, circondato dall’affetto della sua splendida famiglia. Voleva vivere, voleva ritornare sui campi di calcio, che erano stati la sua vita da quando era bambino. Non ce l’ha fatta, Mihajlovic, eppure ha vinto anche stavolta. Ha vinto con l’esempio che ci ha dato. Ha vinto non nascondendo le proprie debolezze e le proprie umanissime paure. Mihajlovic, che in tanti amavano definire “il guerriero”, ha vinto con la dolcezza della fragilità, insegnando ai più giovani che la vera forza non sta nel sentirsi invincibili, ma nel provare sempre a rialzarsi.

A Bologna abbiamo vissuto insieme a lui tre anni e mezzo meravigliosi e terribili, in uno stato d’animo che di solito non accompagna le spensierate vicende del pallone. Non solo il club, ma tutta la città lo ha accompagnato per quanto possibile in questo duro cammino: il Comune gli ha conferito la cittadinanza onoraria, i tifosi hanno rivolto al cielo i loro auspici di guarigione salendo in processione alla basilica di San Luca, il luogo dell’anima di tutti i bolognesi. Bolognesi che oggi ti piangono, Sinisa, abbracciando idealmente Arianna e i tuoi figli, sapendo bene che un “concittadino” così, una volta entrato nel cuore di tutti, ci resterà per sempre. Più vivo, più vittorioso che mai.

Ciao Mister.

Appresa la notizia della morte di Sinisa Mihajlovic, il Presidente del Bologna Joey Saputo ha rilasciato questa dichiarazione a bolognafc.it:

“La notizia della morte di Sinisa mi addolora profondamente. Sapevo che le sue condizioni erano molto peggiorate negli ultimi giorni, eppure mi sembrava impossibile poter ricevere, così presto, questo terribile annuncio. Con Mihajlovic perdiamo prima di tutto un uomo straordinario e mai banale, che sapeva alternare ai suoi celeberrimi atteggiamenti burberi una dolcezza e una simpatia fuori dal comune.  Perdiamo inoltre un grande campione, che, da giocatore prima e da allenatore poi, ha dato tanto al calcio. Io, come presidente del Bologna, mi sento di esprimere ancora una volta la mia gratitudine nei suoi confronti per quanto ha fatto per il nostro club in questi tre anni e mezzo, nonostante la malattia lo avesse costretto a lunghi ricoveri e a cure dolorosissime. La decisione di sollevarlo dall’incarico, quando ormai era diventato impossibile proseguire un lavoro così complesso in queste difficili condizioni, è stata, come ho già avuto modo di dire, la più sofferta della mia intera gestione. Oggi i miei pensieri vanno a sua madre Viktorija, a sua moglie Arianna, ai suoi figli e a tutta la sua famiglia: a loro va la riconoscenza mia e del Bologna nel ricordo di un figlio, di un marito, di un padre, di cui potranno andare sempre orgogliosi”.

Fortitudo Pallacanestro Bologna si unisce all’unanime cordoglio di tutto il mondo dello sport per la scomparsa di Sinisa Mihajlovic. Nel ricordarne, oltre alla storia sportiva, la fierezza, l’orgoglio e la determinazione con cui ha saputo e voluto-quotidianamente e a testa altissima-combattere la malattia, Fortitudo Pallacanestro si stringe in un sincero e commosso abbraccio alla famiglia di Sinisa, condividendone il dolore e lo sconforto. Il suo temperamento e la sua-contemporanea- dedizione per il proprio lavoro restano e resteranno per sempre da esempio per tutti. Addio, Leone vero.

Appresa con grande dolore la notizia della scomparsa di Sinisa Mihajlović, Virtus Segafredo Bologna si stringe attorno alla famiglia e si unisce commossa al cordoglio di tutto il mondo sportivo

Ciao Sinisa!

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Prima di chiudere gli occhi un’ultima volta, l’immagine che Sinisa #Mihajlovic ha avuto davanti a sé è stata la sua famiglia. È stata sempre lì, in questi giorni, seduta accanto al letto nella clinica Padeia, a due passi da Villa Borghese. Con Arianna, donna ammirevole e straordinaria, dal ‘95 sua moglie, c’erano i loro cinque figli e la madre di Sinisa, atterrata dalla Serbia, assieme agli amici di una vita, avvisati davanti all’aggravarsi delle condizioni.
La morte di Sinisa, che strazia qualunque tifoso e uomo di calcio, senza divisioni di bandiera, è il congedo finale di un leone, di uno che ha sempre combattuto per sé e pure per gli altri. Il coraggio, soprattutto al cospetto della malattia, è la prima ragione che spiega l’amore che lo rincorre adesso, nelle reazioni che attraversano il Paese, l’etere, le chat tra amici. Incredulità, smarrimento, dolore. Nel suo addio, Mihajlovic ha avuto accanto a sé il bene maggiore che ha accompagnato la sua vita: la famiglia, appunto. È stata la prima in questi anni a fare fronte a tutto: al dolore e alla speranza, alla fiducia dopo l’operazione nel 2019 e all’ultima ricaduta. Lo ha spiegato proprio l’allenatore di fronte alle telecamere poco tempo fa: “Arianna non si è mai alzata dalla sedia vicino a me”. Vi è rimasta pure oggi. Davanti scorrono le foto di loro due felici – come due fidanzati – nel giorno delle dimissioni dal Seragnoli, il reparto di ematologia dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, seconda casa per mesi del tecnico, sotto le cui finestre andarono a salutarlo i calciatori. Pure quella volta, fedele al personaggio finto burbero, li ringrazio e poi li sgridò.
Per Sinisa la famiglia è stata la base, l’amore, il riparo, una necessità, l’inizio e la fine di ogni cosa. Del resto, l’ha sempre creata ovunque andasse. Al primo anno da allenatore del Bologna, stagione 2008, quando era al debutto e avrebbe dovuto manifestare più preoccupazione di altri, restò celebre il passaggio nel tunnel di Catania, temuto da molti calciatori. “Avete paura?” disse con la sua risata scrosciante. Fu subito il leader che il gruppo attendeva. Anche nelle cene al ‘Campione’, pure dopo l’affacciarsi della leucemia, lo spartito era rimasto identico: Sinisa era istrionico, rumoroso, allegro, esuberante. Era capotavola in qualsiasi posto sedesse, perché nessuno poteva mai averne il carisma, il magnetismo, l’energia.
Ha avuto il privilegio di vivere in maniera autentica, come preferiva. Lui avrebbe detto alla serba, sinonimo di schiettezza. Aveva visto le bombe piovergli addosso e non era una metafora da giornali sportivi, ma lacerazione, anche familiare. Siccome conosceva l’atrocità della pagina, fu il più duro nel condannare il bombardamento della sua Belgrado da parte Nato. Ai calciatori ha sempre detto in faccia tutto, senza timori e senza freni, con onestà ruvida e splendida. In panchina assomigliava a come era stato in campo. Con Ibrahimovic si erano messi le mani addosso, ma poi Zlatan stava per scegliere Bologna solamente per farsi allenare da lui. Insieme sono andati sul palco di Sanremo, per capirne anche la popolarità. Per dire chi era e cosa era Sinisa.
O tutto o niente, o si vince o si perde. Non amava il pareggio, né i grigi. Altra scena per capire chi ci ha lasciato: ritornò al Bologna nel 2019 dopo un lungo viaggio tra Catania, Firenze, Samp, Milan, Torino e Sporting Lisbona. Al primo allenamento, con una squadra ormai spacciata, pronunciò solo una frase: “Chi non entra duro, non gioca domenica a San Siro”. Vinse a Milano. Il Bologna chiuse decimo. Nel girone di ritorno tenne una media da Champions League.
Sinisa poteva addormentarsi più tardi di tutti, mangiare più di tutti, ma il mattino dopo era il primo di tutti ad arrivare a Casteldebole. Ci ha passato gli ultimi quattro anni della sua vita, in una città che gli ha voluto un bene immenso. Il giorno in cui Don Massimo convocò tifosi rossoblu e della Lazio per pregare per Sinisa, accadde un altro miracolo lungo il cammino per San Luca: quello del calcio in cui due tifoserie rivali si unirono senza discussioni. Oggi lo piangono unite, assieme a decine, centinaia di altri stadi, pubblici, uomini e donne normali, che magari hanno dovuto vivere in casa battaglie simili.
La cosa migliore per ricordarlo, e non è retorica, sono il suo sorriso e la sua grinta. Sarebbe fargli un torto troppo grande ricordarlo in altro modo. Magari giovane, riccioluto, prossimo a sbarcare nel Paese che sarebbe diventato suo. Era il 1991, la Jugoslavia stava per dissolverli, ma l’ultimo regalo che fece al mondo fu la Stella Rossa campione di Europa a Bari. Era uno dei più giovani, ma Sinisa ne era già un leader. Perché lui amava la famiglia e sempre era il capofamiglia.

Matteo Marani – Sky Sport

CIAO SINISA.

Chissà che traiettoria avrà fatto la sua anima per andare in cielo. Probabilmente simile ai suoi calci di punizione: imprevedibile. Perché l’uomo all’esterno era ruvido e, si sa, quello che arriva anche ai guardiani del paradiso è la superficie. “Se non mi ha spaventato la guerra, volete che abbia paura di una partita?”.
Gli si leggeva in faccia che non temeva nulla e che a tutti quelli che ha avuto vicino è cresciuto il coraggio. E da parte sua ce ne deve esser voluto tanto per digerire quella brutta notizia che tre anni fa gli ha cambiato il panorama. Ma il soldato Sinisa, ha imbracciato il fucile ed è andato al fronte. Non voleva farsi vedere giù di morale e fisico da una malattia che lo ha stroncato a 53 anni. Ha reagito, lottato e per qualche tempo ha vinto. Lo ha fatto per sé stesso, per la sua famiglia e per il Bologna. Già, Bologna. Lo conoscevo già da prima che arrivasse qui ma non posso fare a meno di ricordare il giorno in cui ci siamo incontrati in un garage del centro. Sua moglie era con lui e io li trovai entrami bellissimi. Ci abbracciammo, come è giusto che avvenga tra due… centrocampisti e il discorso mio di benvenuto in città fu raccolto con grande trasporto. Sì, la Lazio, l’Inter, la Samp… ma Bologna è la città in cui lui ha avuto qualcosa che non era solo la stima per le sue qualità di calciatore o tecnico, ma l’amore. I bolognesi, sì, sono ancora legati allo scudetto del 64′ ma non pesano il loro affetto nei confronti di allenatori e giocatori solo misurandoli con i punti sul campo. Bologna è diventata la seconda mamma per Miha, l’infermiera, il medico curante, la medicina da prendere rigorosamente all’ora prefissata. E quindi, in questo momento tragico per la famiglia del “sinistro” di Dio”, il dolore è lo stesso che per la perdita di un parente. Pensate che la città, una delle poche rimaste di sinistra, gli ha perfino perdonato un suo endorsement a destra in un momento delicato. Miha era anche molto spiritoso e ogni cosa che gli andava storta la commentava con notevoli quote di sarcasmo. Lascia un immagine unica nello sterotipato panorama degli addetti al calcio: “… abbiamo fatto la nostra partita… siamo in ripresa… dobbiamo guardare avanti… “. Lui adesso chissà dove guarda… forse all’incrocio dei cieli? Ciao Miha, cuore rossoblù, riposa in pace.

Andrea Mingardi

Tutta la famiglia della Fortitudo Baseball si unisce al cordoglio per la scomparsa di Siniša Mihajlović.

Grande uomo di sport, ci ha lasciato oggi all’età di 53 anni, dopo una lunga e commovente battaglia contro la leucemia.
A tutta la famiglia vanno le nostre più sentite condoglianze.

Ciao Siniša.

Fortitudo Baseball

(foto Mauro Donati)