Alla terza stagione in bianconero, Francesco Nieddu si è regalato una nuova visione delle cose. Da coltivare accanto a quella di sempre. Continua, infatti, il suo contributo da assistente allenatore di ben tre formazioni del settore giovanile di Virtus Unipol Banca. Ma a questo ha aggiunto l’impegno di istrutttore degli Aquilotti 2007, entrando di diritto nello staff del settore minibasket. Un impegno su più fronti, insomma, sempre con l’occhio rivolto alla crescita dei giovani.
“Ho allenato molto nei settori giovanili, anche prima di arrivare alla Virtus. Ma a dire la verità, non mi era mai capitato di guidare ragazzini così piccoli. Una cosa nuova, e a me le cose nuove piacciono immensamente, perché portano a migliorare e a conoscere. Negli ultimi anni avevo fatto il cammino inverso, arrivando a guidare le fasce d’età più grandi, cosa che continuo a fare. Mi trovo un po’ ai due estremi del percorso che fanno i ragazzi nel nostro settore giovanile. Mi sto ancora abituando ad un approccio diverso, ma sono molto stimolato da questa avventura”.
Oggi, sei un maestro che insegna linguaggi diversi. Da una parte, ragazzi che stanno chiudendo il ciclo delle giovanili e si trovano di fronte a scelte che riguardano il loro futuro sportivo. Dall’altra, adolescenti che si affacciano ex-novo al mondo della pallacanestro. Approcci quasi antitetici, come le metodologie da utilizzare lungo il percorso.
“Con i più grandi smussiamo gli ultimi angoli, ed anche questa è una cosa che mi piace fare. Con gli Aquilotti del minibasket si tratta di dare buone abitudini, perché magari sono ragazzi che non hanno mai fatto attività. Bisogna accendere la passione a chi ancora non sa se potrà fare il percorso intero, o se vorrà diventare un giocatore, a qualunque livello. Seguire gli atleti più avanti nell’età, comunque, aiuta a capire anche quello che può mancare ai più piccoli, che vivono il momento più fertile, quello in cui c’è maggiore possibilità di intervento perché i bimbi sono delle spugne, apprendono in fretta. Un mese mi è bastato a rendermi conto di questo”.
Per te quest’anno sono giornate intense, tra Porelli ed ex Cierrebi…
“Al di là della questione logistica, l’attività è stata organizzata in maniera che io riesca a fare quasi tutto senza problemi, compreso il lavoro individuale mattutino con alcuni dei più grandi, dopo l’uscita da scuola. Tutto si combina, comunque. Gli incastri sono pensati strategicamente, l’orario settimanale fatto da Marco Patuelli è un puzzle perfetto in cui alla fine ogni pezzo va al suo posto”.
Il minibasket di Virtus Unipol Banca ha trovato casa all’ex Cierrebi di via Marzabotto. Il progetto sta crescendo, e non è solo questione di numeri.
“Il grande merito è di Davide D’Atri e Giuseppe Giordano, che fin dall’inizio hanno coinvolto tutti gli istruttori, spingendo al massimo per cercare di far capire l’importanza di aumentare i numeri e anche la qualità del lavoro. Avere una palestra, una “casa” è molto importante, aiuta ad avere un’identità: i bimbi e le loro famiglie hanno un riferimento importante. Perché va detto che quel posto non è semplicemente una casa, ma è davvero una bella casa: una palestra eccellente per lavorare con i bambini, un posto che dà la possibilità di costruire qualcosa e farlo bene. Davide e Giuseppe hanno lavorato su questo fin dal primo giorno, e oggi i numeri danno loro pienamente merito”.
Tra le mura della Porelli, continuano le tue collaborazioni importanti con Federico Vecchi, da assistente di Under 20 e Under 18, e con Cristian Fedrigo, da assistente dell’Under 15.
“Con Federico la sintonia è rodata, c’è un rapporto di reciproca fiducia che dura da tanti anni, da prima ancora che proprio lui mi chiamasse in Virtus. L’unica differenza rispetto alle scorse stagioni è che, proprio per motivi di incastri, non partecipo alle partite dell’Under 20. Per quanto riguarda l’Under 15, sono accanto a Cristian e il feeling è notevole: la differenza rispetto alla passata stagione è nel gruppo, che è cambiato ed ha registrato diversi inserimenti di ragazzi nuovi. Quindi, lo staff funziona bene perché io, Cristian Fedrigo, Edoardo Costa e Paolo Zonca abbiamo imparato a conoscerci l’un l’altro, mentre la squadra ha una fisionomia piuttosto diversa, e conseguentemente abbiamo dovuto adattare l’attività anche a questi cambiamenti. Un lavoro un po’ più complicato”.
Il compito degli allenatori delle formazioni più “adulte”, Federico Vecchi in testa, è quello di portare i giocatori ad affacciarsi al basket dei grandi. Un momento di grande responsabilità, per tutti. Tecnici e atleti.
“Penso che proprio “responsabilità” sia la parola-chiave, che non a caso usa spesso anche Federico, nel senso che noi a quel punto possiamo dare gli ultimi consigli, le ultime raccomandazioni (per usare un termine quasi… da genitori). Nella realtà cerchiamo anche di stimolare ragazzi che ormai sono grandi e si affacciano al “real world”, di far loro capire quanto è importante responsabilizzarsi sulla cura del proprio corpo, sull’attenzione al lavoro quotidiano, sulla conoscenza dei propri limiti e delle strade giuste per cercare di superarli, sull’utilizzo corretto del proprio tempo. Al di là del lavoro tecnico in sé, che è stato fatto tanto negli anni precedenti e non viene certo abbandonato, si arriva a un punto in cui bisogna aiutarli a fare da soli, ad essere autonomi, perché quando usciranno da queste mura non ci sarà sempre una situazione ideale come quella che trovano alla Virtus, dove hanno grandi risorse a disposizione. Qualcuno proseguirà nella carriera, qualcun altro diventerà una brava persona che utilizza bene il proprio tempo se non vorrà giocare a basket. Ogni volta che arriviamo a questo, il nostro obiettivo è stato raggiunto”.
La Virtus è una grande occasione, per i giovani e per chi li segue. Dopo tre stagioni bianconere, sei in grado di fare un bilancio sulla tua esperienza e su cosa significhi lavorare tra le mura della Porelli?
“Oltre alla ovvia possibilità di esercitare il nostro mestiere ad un livello altissimo, con tante risorse a disposizione, c’è anche l’orgoglio di farlo in una società importante, tra l’altro della mia città. C’è il gusto di far parte di una realtà sportiva che negli anni si sta dando una struttura ed una stabilità che penso non abbiano eguali. Basti pensare al progetto ArcoCampus, che sta facendo nascere la nuova foresteria, o alla voglia di fare le cose al massimo livello che pervade ogni ambiente, dalla prima squadra al settore giovanile. In Virtus si respira sicurezza e spinta verso il futuro. E’ qualcosa di impagabile”.